Erano amici, lo erano sempre stati. Erano più che amici, erano colleghi. Lei gli chiedeva consiglio sui ragazzi che frequentava e lui le raccontava tutte le sue conquiste, senza filtri. Ridevano insieme e uscivano per una birra. Non erano solo loro, facevano parte di un gruppo molto unito. Uscivano a cenare, andavano a ballare in discoteca, organizzavano fine settimana sulla neve, insomma erano un branco.
Quel sabato non era diverso dagli altri, pizzeria e poi discoteca… forse avevano bevuto un po’ più del solito, lei doveva dimenticare la sua ultima delusione e gli amici erano sempre pronti ad aiutare in questo. Sulla pista da ballo non c’erano mai stati tabù, non c’era una distanza di sicurezza, erano tutti amici e i baci e gli abbracci erano tutti fraterni.
Ma quella notte sentì qualcosa di diverso, sorrise, anche lui sorrise e gli chiese “Come ti senti?” – “Mi sento bene” rispose, continuando a saltare e a sorridere.
All’alba, salendo dalla discoteca qualcuno disse “Andiamo in spiaggia”, tutti dissero che si, almeno avrebbero fatto passare un po’ la sbornia prima di ritornare a casa.
Corsero a perdifiato sul lungo mare, l’aria era piacevole e il giallognolo del cielo creava un’atmosfera surreale.
Lui si avvicino, quel sorriso seduttore, lei lo aveva sempre pensato, è per quel sorriso che riesce a farle cadere tutte tra le sue braccia.
E fece come per baciarla e lei chiuse gli occhi e si avvicinò, però, come quando ti ricordi all’improvviso di qualcosa di molto importante o quando ti svegli di colpo da un sogno, si fermò e gli disse “Non possiamo”. La magia si ruppe, arrivarono gli altri, che non si resero conto di niente perché stavano ancora ridendo dell’ultima barzelletta e non erano affatto strano che fossero abbracciati.
Si fecero le 7 del mattino e decisero che era ora di tornare a casa.
Lei non poteva fare a meno di pensare a quel bacio mai avvenuto, a come si sentiva al riguardo. Ogni volta che evocava quel momento nella mente, il cuore le batteva all’impazzata, lo stomaco si attorcigliava su stesso e sentiva i brividi, era pentita di non averlo baciato, ma se l’avesse fatto, cosa sarebbe successo? Si conosceva troppo bene, sarebbe andati a dormire insieme quella mattina e poi?
Al risveglio? Quando l’adrenalina del sabato sera si fosse spenta, cosa avrebbero fatto? Erano amici, si raccontavano sempre tutto, si sarebbe rotto l’equilibrio. Eppure lei adesso avrebbe voluto che si fossero dati quel bacio, si chiedeva come sarebbe andata e a cosa stesse pensando lui, se fosse stato solo frutto di un momento di euforia. No, non poteva esserci altro, aveva fatto bene e fermarsi.
E si ritrovò con il telefono in mano a scrivere “Avrei voluto, davvero che l’avrei voluto, ma non possiamo” e prima di premere invio, cancellò il messaggio e se ne andò a dormire, ecco si un po’ di sonno l’avrebbe aiutata a chiarirsi.
Non riuscì a dormire bene, continuò a rivivere quella scena nei suoi sogni e alla fine si convinse che tutte quella ripetizioni, anche la prima, erano state un sogno, frutto della fantastica notte che avevano passato.
Si svegliò con un po’ di mal di testa, tipico, aveva dormito solo 5 h… succo di pomodoro, si era quello che si voleva dopo esagerato con i cuba-libre. E mentre aspettava che il toast si carbonizzasse nel vecchio tostapane, si ricordò del sogno, che sogno strano e irreale.. un momento però allora era stato solo un sogno o ora successo veramente?
Aprì il telefono, nessun messaggio.
Andò in bagno, aprì il rubinetto dell’acqua calda e si guardò allo specchio, bello il taglio di capelli che si era fatta e la riga di lato lasciava cadere il ciuffo sugli occhi in modo sexy, si sentiva sexy, forse era ancora brilla per pensare una cosa del genere…una bella doccia calda sciolse la tensione del collo e delle spalle e mentre ancora aveva un piede nella doccia, arrivo un messaggio.
“Scusami, non so che mi è preso, spero sia tutto a posto. io… forse è meglio se ti chiedo scusa di persona”.
Allora era vero? Lui aveva cercato di baciarla, si era vero, sentiva adesso le gambe tremarle e la pelle d’oca.
“Tranquillo. Pranziamo insieme?”
10 minuti dopo stava davanti l’armadio pensando a cosa mettersi.. Ridicolo, era il suo migliore amico. L’aveva vista con il pigiama di flanella con 39 di febbre, in costume al mare, vestita da odalisca a quella festa di carnevale, con rimmel tutto colato sugli occhi dopo un lungo pianto, appena sveglia con i cappelli da strega in quella gita in montagna dove avevano dormito tutti insieme..
Magliettina nera a giro manica, semplice, senza disegni e shorts di jeans. Si! Così andava bene, semplice però carina.
Suonò il citofono, era lui, un vuoto al cuore, ma perché tutta questa agitazione?
L’aspettò come sempre sulla porta e con un sorriso.
Aveva la faccia di chi non aveva dormito tutta la notte, ma era carino, lui era sempre carino, con quella barba estremamente perfetta.
Era carino in jeans e maglietta, o con la giacca di pelle, o vestito elegante con giacca e cravatta, era carino persino con la tuta da sci. L’aveva sempre pensato, ma adesso perché tutta questa importanza?
Entrò e le diede due baci sulla guancia, si salutavano sempre così, e poi la baciò sulle labbra, questa volta non ci fu tempo di fermarsi, lei rispose al bacio e si lasciò spingere verso la cucina, lui la prese per i fianchi, la sollevò e la sedette sul tavolo, lei lo abbracciò avvolgendo il suo collo con le braccia, e la sua vita con le gambe, tutto questo senza mai smettere di baciarsi, restarono così per più di mezz’ora, baciandosi, accarezzandosi. Il tempo si era fermato, era come se fossero in un universo parallelo, dove il tempo non scorreva, dove il tempo non esisteva, non esisteva niente al di fuori di loro due. Entrambi avrebbero voluto che quel bacio non finisse mai, che durasse in eterno, perché lo sapevano, quando quell’espressione spontanea fosse finita, avrebbero dovuto parlare, affrontare il fatto che avevano infranto l’unica regola mai detta che esisteva tra di loro: un contatto fisico.
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